La ricerca e il ritrovamento
In un primo momento le indagini sul rapimento si concentrano presso il lago di Vico, in provincia di Viterbo; in particolare a Ronciglione tra le sponde del lago e la vegetazione fitta della Macchia grossa.
“Erano stati esplorati boschi, caverne, catacombe, piccoli cimiteri abbandonati – scrive Giovanni Borgognone in Come nasce una dittatura. Era stato sondato il lago di Vico. Erano stati perlustrati la Macchia grossa di Ronciglione e gli scavi a Monterotondo”. “C’era chi dava per certo – continua Borgognone – che il cadavere del segretario del Psu si trovasse sul fondo del lago di Vico, probabilmente legato in un sacco e assicurato a dei pesi forti”.
Il 12 agosto 1924 venne trovata la giacca insanguinata di Matteotti, in un canale di scolo lungo la via Flaminia al diciottesimo chilometro.
Il 16 agosto 1924 venne ritrovato il corpo nella Macchia della Quartarella, fra Riano e Scrofano (ora Sacrofano), in una buca piegato in due e coperto di foglie e terriccio; fu Ovidio Caratelli, brigadiere dei carabinieri in licenza, grazie all’aiuto della sua cagnetta Trapani, a farne la scoperta.
Il corpo fu trasferito momentaneamente nel cimitero di Riano dove il 18 si procedette all’identificazione da parte dei cognati. Il cadavere era ormai in avanzata fase di decomposizione, quindi fu necessaria una perizia odontoiatrica.
Il 20 agosto la bara venne portata alla stazione ferroviaria di Monterotondo (paese a 15 chilometri circa da Riano) e caricata in un vagone merci per essere trasferita a Fratta Polesine.